Esistono molteplici modi per imparare il significato di Barbaresco. Potremmo consultare un dizionario, strumento d’erudizione in libero decadimento, ma Google è un facile sostituto; potremmo chiedere al nostro amico esperto di vino, l’esercito dei rotatori di calici è in aumento, impossibile non averne uno. Oppure potremmo decidere di metterci in viaggio per andare a stringere la mano a Barbaresco. A noi si presenterà una terra dalle curve morbide, vestite dalle nebbie della mattina. E’ pettinata di vigne a giropoggio e ritocchino e l’ombra della sua torre si allunga sulla piazzetta dove echeggiano ancora le voci di coloro che furono invecchiatori, prima che produttori. Uomini come Domizio Cavazza, direttore della Regia Scuola Enologica di Alba, che nel 1894 fonda le Cantine Sociali di Barbaresco ed inventa il metodo moderno della vinificazione del nebbiolo: Barbaresco è liberato dalla coltre oscurante di Barolo e “si correggono le austere doti del tuo maggior fratello”.* Una dichiarazione di stile, questa, che è stata presentata nel mese di novembre dal Cicerone del vino, il maestro Roberto Gardini, durante una degustazione di sette tipologie di Barbaresco:
Valeirano, azienda Ada Nada, annata 1995, vol.13,5%
Prodotto a Valeirano, nel comune di Treiso, presenta un rosso dalle tonalità mattonate di grande trasparenza. Colpisce per la delicatezza dei profumi, resi tali dall’azione del tempo. Le iniziali note dolci di spezie, lasciano via via spazio a note di corteccia e sottobosco. L’equilibrio tra alcol, tannini e freschezza conferisce senso di rotondità ed il finale amaricante, con tratti salini, dimostra la maturità di un Barbaresco compagno originale ed ideale a piatti di pesce, come un filetto di tonno rosso scottato.
Roncaglie, azienda Podere Colla, annata 1996, vol. 13,5%
Alessandro Masnaghetti scrive nella sua Carta dei Cru del Barbaresco: “la posizione di Roncaglie, insieme a Roncagliette, è una delle migliori tra quelle che si possono individuare” e la degustazione ne è la riprova. Limpidissimo, ancora di un vivace granato, si muove con densità e compattezza. Verticalità di profumi, i quali a picchi alternati esprimono aromi di spezie e frutti, note ferrose e salmastre. Tannini ancora incisivi, aiutati da una vivace freschezza ed acidità decisa, che lo caratterizzano nel corpo, sostenuto e di sostegno anche al meno abile dei bevitori. Un finale dolce che non finisce, perché persistente nei sapori di frutta secca.
Sorì Valgrande, azienda Fratelli Grasso, annata 2000, vol.14%
Restiamo ancora nel comune di Treiso, dove a Valgrande la famiglia Grasso produce un vino dalle tonalità aranciate, caratterizzato da profumi di caramello e caffè ed un riconoscimento inusuale e per molti apparentemente inadatto di susina, eppure il legame tra frutta a polpa gialla ed i grandi vini rossi è stato formalizzato dal più illustre tra i cerimonieri della corte di Bacco, Giorgio Pinchiorri.
L’annata calda ha conferito a questo Barbaresco sensazioni percettibili di calore che asciugano il palato ed enfatizzano il finale di bocca, ricco di sapori mediterranei di liquirizia, carruba e tamarindo.
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Roncaglie, azienda Socré, annata 2003, vol. 14,5%
Con questo Barbaresco torniamo nel cuore del comune, precisamente nella sottozona Roncaglie dove l’azienda Socré produce un vino articolato di profumi, che variano dalle marmellate di agrumi, alle sensazioni di fumo e di carne. Al gusto si espande grazie all’apporto alcolico, che evidenzia i sapori decisamente mentolati e balsamici.
Currà, azienda Sottimano, annata 2008, vol.14,5%
Un nebbiolo neivese, che esprime nella sua concentrazione di colore e nei profumi una proverbiale giovinezza. Alla frutta rossa e agli aromi sanguigni e ferrosi, si uniscono gli elementi olfattivi della tostatura dei legni piccoli. Coerente l’analisi al gusto che conferma il rapporto equilibrato tra gli elementi dolci della frutta e le spezie, un unione che illumina il palato e lascia immaginare un brillante futuro per questo vino.
Asili, azienda Roagna, annata 2008, vol.14%
Un Barbaresco che parla con l’accento di Monprivato, baroleggiante nei riconoscimenti di frutta a polpa gialla e humus. Dinamici i tannini, i quali seppur non ancora integrati sono di fattura fine e dal sapore speziato. Un vino percettibilmente pronto, ma dalla persistenza lunga, quasi infinita come il più classico tra i Barbaresco.
Santo Stefano, azienda Castello di Neive, annata 2010, vol.14,5%
Si esprime con forza visiva, come forte è il vigneto di Santo Stefano, dove l’azienda storica di Neive produce un Barbaresco di stampo classico. Agli aromi di ciliegia e fragoline di bosco, si unisce il ricordo del mazzetto degli aromi, con origano e maggiorana in predominanza. Fine e piacevole la fattura dei tannini, che conferiscono eleganti sapori speziati ed ampiezza di beva, conclusa dal finale di corteccia e frutta.
Testo: Ilaria Di Nunzio
*da Ode al Barbaresco, 1897, D. Cavazza.