Il dott. Ciro Fontanesi, da ingegnere civile a sommelier. Coordinatore di ALMA WINE ACADEMY e docente di tecniche di servizio e degustazione ci racconta il Recioto.
Percorrendo il viale di cipressi che porta al Monte Tenda mi accingo, in una giornata nebbiosa e cupa, ad incontrare la famiglia Trabucchi. Azienda acquistata nel 1920 dall’Avv. Marco Trabucchi e gestita saggiamente da quasi 5 generazioni. Vengo accolto nella classica sala da degustazione e inizio a parlare con la signora Trabucchi: da persona di natura razionale quale sono inizio a “bombardarla” di domande sul Recioto (anche tecniche) alle quali risponde in maniera esauriente. “Il terreno sul quale poggiano le nostre viti è magro, fertile, composto da uno strato di circa 30 cm di terra che lascia spazio ad uno strato di roccia compatta che si estende in profondità; in questo senso l’apparato radicale si estende in orizzontale fino a che non trova un pertugio in mezzo alla roccia”. L’azienda è stata una delle prime nella valle d’Illasi a convertirsi al biologico nel 1993 e a credere in questo progetto quando non era ancora “di moda”. “La ricerca della qualità ci ha portato a questa scelta nel rispetto della vite e della biodiversità; il lavoro è molto più impegnativo di quanto si pensi e la vite si è abituata negli anni a trovare la forza di difendersi da sola: il risultato è una migliore pulizia e franchezza nei profumi che ricordano questa terra in modo inconfondibile. Comparando inoltre due pezzi di terra, uno da agricoltura biologica e uno non, si possono notare differenze sia al tatto a livello di friabilità sia al naso a livello di intensità di odori”. Il rito della degustazione sta per iniziare, i preparativi si stanno compiendo ma in mezzo a tutta questa cura nei dettagli e nei gesti vengo attirato dall’effige in etichetta di una figura. “Le nostre etichette portano un’effige familiare dei personaggi di questa azienda, dall’avvocato fondatore a me stessa, per far capire che si vogliono mantenere solide le tradizioni e gli insegnamenti ricevuti da chi ci ha preceduto. Per capire chi siamo dobbiamo sempre tenere presente da dove veniamo”. Il Prof. Trabucchi è uomo di grande spessore e cultura che trova nella letteratura una chiave di lettura dei suoi vini. Vengo rapito letteralmente da una sua frase che diventa il fulcro di questa esperienza: “il vino, nella natura e nella storia trova la sua conferma, rappresenta la divinità che eleva l’animo dell’uomo, e l’emozione è suscitata da un corpo che si libera dalle inibizioni. Se un libro dà emozioni e libera la nostra mente, il vino diventa allora “un libro liquido”, dove i profumi e le emozioni, ci conducono alla memoria e ai ricordi, allontanandoci dai vincoli della quotidianità. Il vino rappresenta un momento di libertà per la mente e ci porta a recuperare l’energia e la forza del passato che va verso il futuro. La vera comunicazione del vino, va aldilà del suo significato materiale, diventa un momento di piacevolezza, convivialità, di godimento intellettuale, un modo per ritrovare sé stessi e gli altri. Il produttore quindi, è come un’artista, come un poeta o uno scrittore, che anticipa e crea il suo vino per gli altri”. Sia l’idea che il vino sia un “libro liquido” sia che venga considerato come un mezzo per una transustanziazione con il divino è molto affascinante e durante la degustazione ad ogni sorso viene proposto un parallelismo tra il vino e opere letterarie in un climax enologico-letterario davvero coinvolgente. Il nettare è nel bicchiere e si presenta nella sua veste rubino impenetrabile con riflessi granato, quasi viscoso in quanto figlio di un estratto secco netto di 46,20 g/l e di un appassimento che da settembre a febbraio porta ad un calo del peso dell’uva dell’80%. Ad una prima olfazione senza ruotare il bicchiere si percepisce una intensità di profumi importante in cui emerge la frutta matura e una punta di volatile che ci obbliga a lasciarlo respirare. Questa apparente conformità di profumi con molti altri prodotti porta ad una riflessione: la costante perdita di identità dell’uomo nella società moderna, costretto ad omologarsi e ad uniformarsi agli status-symbol proposti dai media per poter essere accettato. Chi meglio di Calvino nel suo “cavaliere inesistente” può spiegare questo fenomeno così attuale? Chi più simile a un uomo rinchiuso nella sua
armatura può rappresentare le migliaia di uomini chiusi e invisibili nel cemento metropolitano? In questo senso il vino risveglia in noi delle emozioni, ci apre il cassetto dei ricordi e ci allontana dai vincoli della quotidianità. Poiché senza le passioni e l’amore la nostra vita può essere accostata a quella di un cavaliere inesistente. Il vino si scalda, l’atmosfera diventa piacevole e conviviale, la temperatura di servizio quasi perfetta. Accostiamo il bicchiere di nuovo al naso, lo facciamo ruotare e il vino ci apre le porte in un vortice complesso e suadente con note che spaziano dall’amarena sotto spirito a note di scatola di sigari, da una nota balsamica di eucalipto e erbe officinali fino ad uno speziato con note di caramello. In bocca entra robusto, sciropposo con una intensità e lunghezza quasi infinita, avvolgente ma mai stucchevole, sorretto da una buona acidità indice di una vendemmia perfetta con il giusto bilanciamento tra maturità fenolica e tecnologica. Andando a spulciare tra le analisi di laboratorio si scopre che l’acidità totale si stabilizza sul valore di 7,25 g/l; un valore importante che tiene testa ai 146,2 g/l di zuccheri riduttori. Secondo il Prof. Trabucchi il vino risveglia in noi delle emozioni e ci fa compiere un viaggio interiore, un viaggio simile a quello che compì Dioniso ne “le rane” di Aristofane in cui, dopo la morte di Sofocle e Euripide i due più grandi tragediografi del tempo, raggiunge l’Ade per riportarli in vita attraversando l’Acheronte insieme a Caronte e al gracidare delle rane. Così come in quel tempo di crisi per Atene l’unica soluzione in mancanza di alternative o speranze future fu quella di risvegliare i vecchi maestri anche oggi in una società che non ha più grandi guide spirituali l’unica soluzione sembra essere quella di vivere e riscoprire la nostra interiorità. Adesso il vino sembra essersi stabilizzato, si percepisce al naso una nota di caffè affiorante e una più marcata nota di mandorla, mallo di noce e caramello nei secondari una volta deglutito forse dovuto all’aumentare della temperatura del vino. Infine in questo turbinio di emozioni mi sono sentito come Dante davanti al fratricidio-uxoricidio di Paolo e Francesca nel V canto dell’Inferno che ci ricorda che è parte della natura umana l’essere fragili e provare curiosità ed emozione. Arricchito da un bagaglio culturale che porterò sempre con me mi allontano dalla nebbia e proprio come Dante travolto dalle forti emozioni “Caddi, come corpo morto cade”.
Testo: Dott. Ciro Fontanesi