Lunedì 7 gennaio 2019 (ore 20.45) l’evento speciale d’apertura con Giampiero Pulcini alla guida che ci parlerà di Borgogna, tra abbazie, cantine storiche, villaggi medievali e canali fluviali, un luogo dove semplicemente il tempo sembra essersi fermato. Qui nascono le migliori interpretazioni al mondo di Pinot Noir per i rossi e Chardonnay per i bianchi. In degustazione: Chassagne-Montrachet 1er cru Morgeot 2016 – Corton Le Rognet Grand Cru 2013 Domaine Roche De Bellene e Maison De Bellene – Chablis 1er cru Cote de Lechet 2015 Domaine Sylvain Mosnier – Puligny-Montrachet 1er cru La Garenne 2016 Domaine Berthelemot – Volnay 1er cru Caillerets 2016 Domaine Pierre Brisset
Conoscere ed approfondire i grandi terroir di Francia? Presto a Rubano (Pd), presso il Centro Congressi del Ristorante La Bulesca, un master a tutto tondo. Dal 7 gennaio 2019 (ore 20.45) quattro master class, una a settimana, con quattro docenti tra i migliori in Italia e non solo. Samuel Cogliati, Ciro Fontanesi, Giampiero Pulcini e Francesco Falcone saranno le guide autorevoli di un viaggio sensoriale, nel tempo e nello spazio. Degustazioni approfondite e didattica innovativa sui francesi più famosi al mondo. Un percorso formativo che verrà riconosciuto con un attestato di partecipazione rilasciato ai partecipanti di tutte e quattro le serate.
Primo incontro ed evento speciale d’apertura lunedì 7 gennaio 2019 con Giampiero Pulcini, che ci parlerà di “Borgogna”.
Giampiero Pulcini è nato a Terni nel 1974 da genitori abruzzesi. Dopo una laurea in Giurisprudenza e un Master in Management per il Turismo ha preso il diploma di Sommelier con l’AIS. Da divulgatore indipendente ha collaborato con le testate Porthos, Enogea, Bibenda e Accademia degli Alterati. E da relatore di lungo corso guiderà la serata dedicata alla Borgogna tra i grandi di Francia che l’associazione padovana “Arte & Vino” ha messo in cantiere a gennaio 2019 presso il Ristorante la Bulesca a Rubano (Pd), dopo i successi della Scuola di Champagne nel 2018.
Chi è Giampiero Pulcini?
“Io mi sono formato da autodidatta degustando, curiosando e andando in giro per produttori. La mia vita è cambiata dall’incontro con Sandro Sangiorgi e il suo Phortos nel 2004. Ho cominciato a seguire i suoi corsi più volte. E si è rivelato una persona in grado di ribaltare la mia visione del vino avvicinandomi a un approccio multidisciplinare e aperto fatto anche di arte, musica e poesia. Mi ha insegnato a dare il tempo al vino di svelarsi e a non essere tranchant nei giudizi. Con Phortos ho collaborato per una decina d’anni ed è stata una grande palestra. Oltre a questo ho fatto il corso da sommelier e mi sono diplomato con l’Ais. Ma il mio rapporto col vino è fatto di storie personali e di amicizie durature e coltivate negli anni. Mi piace ricordarne tre che mi hanno segnato e che tuttora frequento quando posso: Giancarlo Marino, Armando Castagno e Luca Santini con cui ho avuto la fortuna di condividere i miei viaggi in Francia. Grazie a loro ho avuto la possibilità di avere una visione e quindi una lettura della Borgogna felice, profonda e autentica. Ascoltandoli e assaggiando con loro ho aperto gli occhi”.
Cosa significa Francia per Pulcini?
“Per me la Francia del vino coincide con la Borgogna che è il territorio che più ho approfondito. E che ho imparato a conoscere prima ancora di andarci attraverso le bottiglie che mi ha allungato Marino. Viaggiavo stando fermo. E anche li da cosa è nata cosa. I rapporti umani alla fine sono quelli che ci tengono legati avendo nel vino una meravigliosa cornice”.
Ti fai rapire più dai luoghi o dalle persone?
“Forse tendo ad affezionarmi di più alle persone che ai luoghi però direi a entrambi. Mi spiego. Se penso all’Abruzzo, regione di provenienza dei miei genitori mi sento particolarmente legato ai produttori abruzzesi Francesco Paolo Valentini ed Emidio Pepe. Ma se penso alla Liguria c’è una zona del vino che mi ha rapito completamente ed è quella del Rossese di Dolceacqua. Panorami straordinari dove la montagna sembra gettarsi direttamente nel mare e il vino vive di questa armonia. Un vino originale, artigianale, fatto di piccole produzioni. Parliamo di ottanta ettari vitati per 300mila bottiglie circa. Mi ci sono avvicinato leggendo il libro di Francesco Biamonti “Vento Largo” e mi sono innamorato di questi posti prima ancora di andarci”.
Il vino è uno status symbol?
“Credo che il vino sia diventato uno status symbol ma l’importante è che mantenga la sua unicità, la sua originalità senza scimmiottare esempi diversi di zone diverse e di particolare successo. Ci sono delle zone in Francia nelle quali il vino è diventato status symbol e penso alla Champagne su tutte. Ne abbiamo in Italia che sono diventati status symbol ma non devono scimmiottare altri modelli. Dobbiamo tutti recuperare un approccio più intimo col vino, meno ostentato, fatto di vini quotidiani attraverso i quali privilegiare un rapporto diretto col produttore. Non può essere un oggetto di culto prelevato da uno scaffale anonimo. Il vino è un invito a viaggiare ed è uno straordinario legame con l’agricoltura che è cultura e tradizione e motore meraviglioso di sviluppo economico e sociale”.
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