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Interviste

Scuola di champagne alla Bulesca. Quattro serate, quattro relatori, un attestato finale – intervista a Samuel Cogliati

By 28 Agosto 2018Dicembre 5th, 2018No Comments
Scuola di champagne alla Bulesca. Quattro serate, quattro relatori, un attestato finale - intervista a Samuel Cogliati 1

Lunedì 17 settembre (ore 20.45) l’evento speciale d’apertura con Samuel Cogliati alla guida che ci parlerà di “Geologia, storia e vitigni dello Champagne” – In degustazione

Champagne Brut Blanc de Noirs Premier Cru “L’Ouverture” –  Fréderic Savart, Champagne Brut Nature “Zero” – Tarlant,  Champagne Extra Brut Partition 2012 – J-M Sèlèque, Champagne Bdb Confidence 2009 – J.L. Vergnon, Champagne Volupté Premier Cru Brut 2009 – Geoffroy

Conoscere ed approfondire il re delle bollicine nel mondo? Presto a Rubano (Pd), presso il Centro Congressi del Ristorante La Bulesca, una Scuola di Champagne. Dal 17 settembre (ore 20.45) quattro master class, una a settimana, per complessivi venti champagne d’elezione e quattro docenti tra i migliori in Italia e non solo. Samuel Cogliati, Ciro Fontanesi, Pierluigi Gorgoni e Guido Invernizzi saranno le guide autorevoli di un viaggio sensoriale, nel tempo e nello spazio, tra maison classiche e vignerons creativi. Degustazioni approfondite e didattica innovativa sul vino più famoso al mondo. Un percorso formativo che verrà riconosciuto con un attestato di partecipazionerilasciato ai partecipanti di tutte e quattro le serate.

Primo incontro ed evento speciale d’apertura lunedì 17 settembre 2018 con Samuel Cogliati, moderato da Irene Graziotto, che ci parlerà di “Geologia, storia e vitigni dello Champagne”. Partendo dal racconto delle sue ultime opere dedicate al mondo dello Champagne : “L’Immaginario e il reale” – “Vignaioli e vini” “Champagne – I vini fermi: rossi, rosati, bianchi”, ripercorreremo la nascita del celebre vino in maniera del tutto inedita .

Samuel Cogliati, italo-francese, è nato a Lione (Francia) nel 1976. E’ editore, scrittore e divulgatore. Si occupa di vino da oltre quindici anni, con particolare interesse per quello d’Oltralpe. E’ autore di diversi libri, tra cui spiccano le monografie dedicate alla Champagne. E’ anche traduttore e curatore di altri volumi, in particolare della rivista francese Le Rouge&Blanc, di cui è membro associato.

Dove nasce la tua passione per il vino? “Direi a tavola – evidenzia Cogliati – con i miei genitori e il vino in bella mostra che ho iniziato ad apprezzare in età più o meno adolescenziale. E poi il fatto di essere italo-francese, paesi primi nel mondo per produzione, con il vino che ad un certo punto mi ha aiutato a legare e tenere insieme le mie origini geografiche e culturali condensando interessi che ho sempre coltivato come la geografia, la storia, l’estetica. Da un punto di vista più concreto ho iniziato ad avvicinarmi al vino in maniera analitica e metodica nel 1998. Inizialmente da autodidatta”. E poi? “In quegli stessi anni è cominciata la mia formazione come giornalista e a cavallo del 2000 mi sono messo a scrivere di vino per qualche testata locale italiana. In seguito un passaggio fondamentale è stato quando nel 2002 ho iniziato a collaborare e scrivere per la rivista Porthos, e con la sua attività didattica. La rivista non c’è più ma c’è ancora la casa editrice. Ecco, quei cinque-sei anni, dal punto di vista della formazione sono stati fondamentali”. 

Cosa pensi di avere di francese e cosa di italiano nel tuo approccio al vino? “Domanda complicata. Da italo-francese faccio fatica ad isolare le caratteristiche dell’una o dell’altra cultura che sono da sempre combinate nella mia personalità. Diciamo, per semplificare, che dell’approccio francese tengo forse a conservare la parte di rigore scientifico nell’avvicinamento al vino. Un aspetto questo che credo possa crescere ed evolvere in Italia. E dell’approccio italiano la libertà sotto il profilo emozionale ed estetico. La spontaneità della narrazione”. 

Cosa vuol dire rigore scientifico francese? “In linea di massima nel mondo del vino la cultura francese per i vini di qualità è più datata per quanto riguarda la ricerca. C’è un approccio metodico sotto il profilo dell’analisi e della catalogazione, a volte retorico, ma maggiore di quello conosciuto in Italia. Non a caso i modelli francesi sono ancora un punto di riferimento e fonte di ispirazione per tutti”. 

Perché lo champagne continua ad essere un punto di riferimento? “Dal mio punto di vista perché ho fatto la scelta qualche anno fa di occuparmi sostanzialmente dei vini francesi da raccontare agli italiani. Una scelta arbitraria frutto del mio vissuto. Se abitassi in Francia probabilmente racconterei i vini italiani ai francesi. Ma in generale quando si pensa alla spumantistica in Francia si pensa allo Champagne, nonostante vengano prodotti molti altri spumanti e anche di qualità. E poi c’è il fascino culturale, la parte immaginaria, che si sono imposti e che nel 2004 hanno rapito anche me”. 

Una sua personale classifica di Champagne? Chi metterebbe sul podio? “Impossibile rispondere a questa domanda. Sono culturalmente refrattario alle classifiche e alle liste che hanno spesso il grande difetto di escludere altri vini buonissimi – oltre ad essere molto discutibili, contingenti e aleatorie”. 

Le eccellenze del metodo classico italiano rispetto allo champagne di qualità medio-alta come si confrontano? “Premettendo che conosco poco i metodi classici italiani credo che la risposta sia la stessa anche per tutti gli altri di qualsiasi provenienza geografica: i migliori metodi classici nel mondo possono essere tranquillamente superiori alla qualità media riconosciuta negli champagne. Ma probabilmente i più grandi champagne sono tutt’ora inarrivabili sotto il profilo qualitativo”. 

Cos’hanno di inimitabile e non replicabile fuori dalla Francia? “Quello che è inimitabile nel mondo del vino sono le condizioni geografiche (e ciò che ne consegue). Se proprio vogliamo pensare a condizioni geografiche e climatiche analoghe mi viene in mente il sud dell’Inghilterra dove alcune realtà si stanno consolidando con risultati di un certo valore. Certo il quadro francese comprensivo delle condizioni antropiche e del bagaglio storico e culturale è quasi impossibile trovarlo altrove. Personalmente trovo sciocco che si possa riproporre uno schema tout court da un’altra parte. Non può che essere una battaglia persa in partenza”. 

Continuerà ad occuparsi di Champagne in futuro come ricercatore e scrittore? “Nonostante la ripetitività dell’operazione temo di sì. Quando ti prende il virus, è difficile liberarsene”. 

Zone che ritiene di approfondire di più? “La Champagne è la zona di cui mi sono occupato e mi occupo di più ma non è necessariamente quella che mi interessa di più in assoluto. Territori che in Francia mi affascinano da sempre e molto sono ad esempio l’Alsazia, il Bordolese, il nord della Borgogna, il Massiccio centrale, lo Jura e la zona pirenaica

In degustazione:
Champagne Brut Blanc de Noirs Premier Cru “L’Ouverture” – Fréderic Savart
Champagne Brut Nature “Zero” – Tarlant
Champagne Extra Brut Partition 2012 – J-M Sèlèque
Champagne Bdb Confidence 2009 – J.L. Vergnon
Champagne Volupté Premier Cru Brut 2009 – Geoffroy

 

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